lunedì 5 maggio 2025
Bergoglio non correrà il rischio dell'oblio, né quello della pietrificazione in un mito. Adesso è necessario tradurre in provvedimenti concreti le intuizioni profetiche dell'enciclica Laudato si'
La lotta alla fame nel mondo e l'impegno a combattere le disparità planetarie sono state tra le priorità del pontificato di Francesco

La lotta alla fame nel mondo e l'impegno a combattere le disparità planetarie sono state tra le priorità del pontificato di Francesco

COMMENTA E CONDIVIDI

L’enciclica Laudato si’ (2015) di Papa Francesco è un’autentica ispiera – il raggio di luce che, penetrando nella stanza buia attraverso una fessura, la illumina e così restituisce alla vista i tesori nascosti. L’uomo è chiamato – si legge nel Genesi – a “coltivare e custodire il creato” (Gen. E,15). Coltivare implica che è l’uomo a dover prendere l’iniziativa, non può restare in atteggiamento passivo rispetto ai ritmi naturali. Custodire significa che il creato va curato, non sfruttato, dato che il custodire è sempre un accogliere. La linea tracciata da Francesco è quella di una nuova alleanza tra natura e cultura, un’alleanza che sappia tenere in armonia tutte le dimensioni della vita: spirituale, cognitiva, sociale, ecologica e che valga a fare giustizia dell’improvvida espressione “Natura contro cultura” coniata centocinquant’anni fa da Francis Galton, cofondatore del darwinismo sociale.
È in vista di ciò che la sfida ecologica non si può vincere solamente con politiche di ristrutturazione degli attuali metodi e processi produttivi – pure necessarie – ma con la elaborazione di un nuovo paradigma, cioè di un diverso sguardo circa il rapporto tra uomo e natura, che valga a superare quella concezione di “uomo senza vincoli” che ha portato a ritenere lecito, purchè conveniente, ogni devastazione e ciò in omaggio al mito antropomorfico di onnipotenza. Giunto all’apice del massimo distacco dalla comunità, l’uomo-individuo della modernità ha finito col diventare la prima vittima di essa. Ossessivamente ripiegato sulla propria soggettività, l’uomo contemporaneo è proiettato verso un’autonomia e una separatezza del tutto inospitali, dimentico di ogni relazione con l’altro che non sia funzionale al perseguimento di ciò cui ambisce. L’enciclica ci ricorda che solo se fa un passo indietro dall’individualismo possessivo – dall’idea, cioè, che per usare delle cose occorra possederle – l’uomo contemporaneo potrà aprirsi alla relazionalità e perciò alla felicità.
Tre le conseguenze di ordine pratico che discendono dall’impianto teologico e culturale che sorregge la Laudato Si’. Una prima di queste è l’urgenza di avviare politiche di trasformazione, andando oltre le politiche di adattamento e di mitigazione fino ad ora messe in opera. Se le politiche di mitigazione mirano alla graduale eliminazione dei fattori antropici responsabili della profonda crisi ecologica, le politiche di adattamento mirano piuttosto a ridurre l’esposizione e la vulnerabilità ai rischi climatici inevitabili, potenziando la capacità di adattamento ad essi. Tutto questo resta valido, ma non all’altezza della sfida in atto. È giunto il momento di tradurre in provvedimenti concreti politiche di trasformazione del tipo: modificare gli stili e le pratiche di vita con un’educazione a vasto raggio alla cittadinanza ecologica; coinvolgere attivamente le organizzazioni della società civile in processi partecipati di deliberazione pubblica (vedi la co-programmazione e la co-progettazione); promuovere un maggior coinvolgimento delle scienze, sia quelle naturali sia quelle sociali, ancora troppo succubi di un approccio riduzionista nella ricerca scientifica. In buona sostanza, si tratta di uscire dalla trappola della logica tecnocratica dell’immediatismo.
Una seconda rilevante conseguenza è quella di dichiarare apertamente, anche nei documenti ufficiali, la falsità della tesi secondo cui vi sarebbe un’alternativa irriducibile tra lotta per il clima e lotta alla povertà, come troppo spesso accade di ascoltare anche da ben noti sedicenti esperti di questioni economiche. È vero esattamente il contrario: la protezione dell’ambiente è un contributo essenziale alla lotta alla malnutrizione, alle malattie, alla povertà. Un futuro giusto per tutti su un pianeta prospero – ci dice Francesco – è possibile, a patto di liberarsi dell’idea malefica secondo cui un sistema economico diverso da quello attuale sarebbe impossibile e che non sarebbe possibile tenere in armonia mercato e società, umanità e ambiente. Considerare il cambiamento impossibile è il modo migliore per perpetuare l’esistente. È questa l’astuzia della ragione fatta propria dai tanti conservatori, presenti ad ogni latitudine. Non è vero, infatti, che le azioni necessarie richiedano sacrifici insopportabili da parte delle nostre economie e perciò non è vero che sia infattibile sciogliere il cosiddetto “trilemma della sostenibilità” che sta bloccando nell’Ue l’implementazione delle pur timide misure a favore del “green deal”. (Il trilemma fa riferimento alla circostanza che la sostenibilità – come bene è narrato nella Laudato Si – possiede tre dimensioni: ecologica, sociale ed economica. Sostenibile è dunque il sistema che riesce a tenere in armonia tutte e tre le dimensioni; ma fino ad oggi soltanto due delle tre – quando va bene – si è riusciti a tenere insieme. E ne vediamo gli esiti).
Infine, di una terza conseguenza che una lettura non ideologica della Laudato si’ suggerisce mi preme dire. Dopo la COP 28, è più che mai chiaro che gli impegni e le decisioni politiche top-down non sono affatto sufficienti. Ciò che manca è la trasformazione dell’assetto istituzionale internazionale. L’assenza di una adeguata governance ambientale internazionale (Ieg, International Environmental Governance) è conseguenza di una fondamentale ingiustizia: un potere enorme e risorse crescenti sono state concentrate nella finanza e nel commercio internazionale, senza dare vita ad una corrispondente autorità mondiale per l’ambiente. Accade così che la Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) possa agire come arbitro de facto nelle questioni ambientali. Gli effetti li stiamo toccando con mano. È alla luce di questi fatti che è cogente dare vita ad una Organizzazione Mondiale dell’Ambiente (Oma), dotata degli stessi poteri delle Organizzazioni cugine già operanti nel sistema delle Nazioni Unite. Solamente così, infatti, si riuscirebbe ad avviare a soluzione la vexata quaestio concernente il trade-off tra il debito ecologico accumulato dall’Occidente nei confronti del Sud globale e il debito pubblico di quest’ultimo nei confronti del primo. (Come sappiamo, è stato questo uno degli ultimi grandi desideri pubblicamente espressi da Papa Francesco). Non solo, ma senza una Oma, mai si arriverà a vedere riconosciuta, nei fatti, l’identità propria dell’ambiente in quanto bene comune, vale a dire di un bene condiviso, né privato né pubblico, custodito attraverso gli sforzi cooperativi di comunità che realizzino politiche di commoning.
Per terminare. Aver dimenticato che non è propriamente sostenibile una società di umani in cui si estingue il senso di fraternità e in cui si cerca, per un verso di migliorare le transazioni di mercato basate sul principio dello scambio di equivalenti e, per l’altro verso, di accrescere gli interventi pubblici con trasferimenti di vario tipo, ci dà conto del perché, nonostante la qualità delle forze intellettuali in campo, non si sia ancora addivenuti a far avanzare insieme libertà e uguaglianza. Non può avere futuro la società in cui si dissolve il principio di fraternità, che maldestramente viene spesso equiparato alla fratellanza e alla solidarietà. Non è capace di progredire quella società in cui esiste solamente il “dare per avere” oppure il “dare per dovere”, relegando alla sfera personale il “dare per amore”. Non è forse in ciò l’impareggiabile provocazione culturale e, ad un tempo, la salutare scossa alla Dottrina Sociale della Chiesa della post-modernità di Papa Francesco che ora siede fra i beati? Chi scrive è dell’avviso che Francesco non correrà il rischio dell’oblio, né quello della pietrificazione in un mito. Il suo messaggio e la sua testimonianza di vita si espanderanno e tanto più quanto meglio, fuori da pregiudizi ideologici, ne verrà compresa la portanza profetica.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI