
Tra gli edifici colpiti la moscgha di Bilal in Muzaffarabad - Ansa
Era prevedibile, anzi annunciata, e la ritorsione indiana per il massacro di 27 turisti nel suo stato nord-occidentale di Jammu e Kashmir il 22 aprile si è concretizzata poco dopo la mezzanotte ora locale con una pioggia di missili lanciati da aerei in volo al di fuori dello spazio aereo pachistano su nove obiettivi indicati come “non militari”: campi di addestramento di terroristi in territorio pachistano, ma anche in aree urbane al di là della Linea di controllo che segna la divisione ma non un confine riconosciuto tra il Kashmir indiano e la regione dell’Azad Kashmir, controllato da Islamabad.
Incerto il bilancio delle vittime nella ventina di località indicate dal Pakistan come finora coinvolte nell’azione bellica indiana. Le fonti locali segnalano almeno 26 civili uccisi e 46 feriti, alcuni dispersi; sarebbero 13 i morti ritrovati finora nella moschea della città di Bahawalpur, nel Punjab pachistano, colpita da un missile e tra queste donne e bambini. Sono almeno otto i morti segnalati dai comandi militari indiani dovuti alla reazione pachistana verso il Jammu e Kashmir.
L’azione, le cui conseguenze sono ancora in corso e rischiano di allargarsi, è stata rivendicata “con orgoglio” dal ministro dell’Interno indiano Amit Shah. Un atto dovuto per vendicare «l’uccisione brutale dei nostri fratelli innocenti a Pahalgam» e che restituisce anche la fiducia nelle forze armate. Un’azione che conferma ha segnalato ancora Shah su X, «che Bharat (termine che riporta alla mitologia dell’India che sempre più viene usato dal governo nazionalista) resta fortemente impegnato a sradicare il terrorismo dalle sue radici».
Il Pakistan ha denunciato «l’atto di guerra» e ha segnalato di avere avviato una risposta militare e l’abbattimento di cinque aerei nemici non confermato dall’India. Dopo dieci giorni di combattimenti notturni a bassa intensità, immediatamente l’attività bellica si è intensificata con nutriti cannoneggiamenti da parte pachistana, ma sono incerti sia gli obiettivi sia i risultati. New Delhi ha chiuso lo spazio aereo negli stati prossimi al Pakistan e Islamabad ha fermato tutti i voli da e per le sue regioni settentrionali, inclusa la capitale, chiuso le scuole e allertato gli ospedali nelle regioni più esposte al conflitto..
Il primo ministro pachistano Shebaz Sharif ha convocato il consiglio di sicurezza nazionale per decidere quali mosse intraprendere dopo avere indicato che il Pakistan “ha tutto il diritto di rispondere con la forza a questo atto di guerra da parte dell'India” e che in questo le forze armate hanno l’appoggio dell’intera nazione per impedire all’avversario “di raggiungere i suoi obiettivi nefasti”.
Immediate le razioni internazionali. Pechino, tradizionale alleato del Pakistan ha chiamato i contendenti a un atteggiamento responsabile, mentre Trump ha definito “vergognosa” l’azione militare indiana e il suo segretario di stato, Marc Rubio, ha detto di monitorare attentamente la situazione e ha parlato con i responsabili della sicurezza nazionale dei due Paesi. Mentre è atteso oggi a New Delhi per una visita già prevista il ministro degli esteri iraniano che si era proposto come mediatore nelle tensioni già in corso, l’India ha già aggiornato sulla situazione molti Paesi, tra cui Arabia Saudita, Emirati arabi, Regno Unito, Russia e Stati Uniti.