Germania al voto, tra memoria e nuovi muri
venerdì 21 febbraio 2025

L’Europa colpita al cuore dal ritorno degli imperialismi guarda al voto tedesco con una certezza: a poco più di un mese dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, si potrà finalmente misurare la reazione di un Paese-chiave come la Germania, posto di fronte all’azione demolitrice condotta a ritmi da record dalla nuova amministrazione americana. Azione che sta minando, è inutile nasconderlo, le fondamenta stessa della costruzione comunitaria. È in particolare sul consenso che verrà raccolto da Alternative fur Deutschland, la forza politica di estrema destra su cui hanno scommesso personaggi come Elon Musk e J.D. Vance, che si capirà alla fine chi sono vincitori e vinti. Una volta, probabilmente, un sostegno del genere sarebbe stato vissuto nei Lander tedeschi come un’impropria invasione di campo. In tempi come questi, invece, tutto è possibile.
Afd ha saputo cavalcare nell’ultimo decennio tutti i cavalli di battaglia anti-sistema che si sono alternati sul palcoscenico sovranista. Nata come forza euroscettica decisa a far pagare ad Angela Merkel i frutti avvelenati dell’unione monetaria, si è poi spostata su posizioni rigorosamente anti-migranti e, in particolare, anti-islamiche. Ma è stato il dna nazionalista e razzista, con ribadite simpatie di importanti esponenti per il periodo hitleriano, a risaltare più di tutti nella lunga avanzata di Afd e della sua leader Alice Weidel dentro il Paese. Il resto l’hanno fatto l’abile strategia di propaganda del partito, le forti campagne di disinformazione sui social e soprattutto la crisi della locomotiva tedesca. Nel deserto industriale teutonico, è possibile che gli operai votino in massa per l’estrema destra. Allo stesso modo, in tanti ascolteranno la sirena nativista, che ha funzionato in diversi Paesi occidentali, mettendo davanti a tutti i diritti dei “nativi”, delle popolazioni autoctone. Lo spettro di una Germania che pone al centro l’uomo bianco e immagina deportazioni di massa per gli stranieri ha già preso forma in tanti comizi dell’ultradestra, dalla Turingia alla Sassonia, facendo scorrere brividi lungo la schiena all’opinione pubblica europea. Senza che nessuno se ne accorgesse, è già caduto l’ultimo tabù, quello di un popolo che mai in 80 anni aveva osato “sdoganare” nuovamente le parole dell’odio e della sopraffazione sull’altro.
C’è in tutto questo un fenomeno strutturale, quasi un tornante della storia che va oltre la Germania ovviamente: il mercato elettorale dell’ultradestra, quanto più si spinge verso posizioni estreme, resta in grande espansione in tutta Europa. Ѐ lecito per questo aspettarsi percentuali alte a favore di Afd, data al secondo posto alle spalle della Cdu, con una quota di consensi probabilmente sottostimata. Di sicuro, il “cordone sanitario” messo a punto da tutti gli altri partiti per evitare che Alternative fur Deutschland possa approdare a posti di governo finirà per esaltare l’isolamento di Weidel e compagni, concentrando sul partito le preferenze di milioni di elettori scontenti e impauriti. Essere considerati underdog, sfavoriti sulla carta, in realtà produce sull’elettorato molta più presa e simpatia. Friedrich Merz, leader della Cdu dato nettamente in testa alla vigilia, dovrà verosimilmente scegliere dopo il voto con chi governare e i tentennamenti avuti su Afd in materia di migranti a gennaio non sono stati un buon segnale per le capitali europee.
Berlino rischia di rialzare un muro proprio laddove era stato picconato il vecchio mondo della Guerra fredda. Non c’è più il Kennedy che parlava alla Porta di Brandeburgo nel 1963 dicendo ai cittadini della capitale tedesca di sentirsi come uno di loro. Eppure, è nuovamente su quell’invito all’apertura e alla speranza in tempi ancora una volta oscuri che, tra quarantott’ore, si giocherà il futuro della Germania.

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