
Murales allo stadio El Nuevo Gasòmetro di Buenos Aires dedicato al tifoso speciale del San Lorenzo, papa Francesco
Nella domenica della commemorazione di papa Francesco (la scorsa), nella sua Buenos Aires di cui fu indimenticato arcivescovo (vox populi tramanda: «Se sei di Baires non puoi non aver conosciuto o incontrato almeno una volta per la strada a Bergoglio») andava in scena il Superclasico, il derby River Plate-Boca Juniors. Un derby vinto dal River, deciso dalla magia di quello che già in molti profetizzano sia “il nuovo Messi”: Franco Mastantuono, classe 2008, passaporto italiano e argentino che con il più mancino dei calci di punizione ha realizzato un gol che ha fatto esplodere di gioia i quasi 90mila spettatori dello stadio Monumental. Un predestinato il mite Franco – per lui è già in corso un’asta tosta, con Real Madrid e Psg in pole pronte a sborsare 45 milioni di dollari per portarlo in Europa - l’8 febbraio 2024 in una gara di Copa d’Argentina, Mastantuono subentra a venti minuti dalla fine e segna il gol che lo ha fatto diventare il marcatore di sempre nelle storia del River, battendo, a 16 anni, il record che deteneva un grande campione ed ex nazionale Javier Saviola. Nomi che appartengono alla memoria di cuoio del calcio d’Argentina, ma anche a quella di papa Francesco, il quale come san Giovanni Paolo II, l’ex portiere “Lolek” nelle sfide tra amici nella sua Polonia, è stato anche il “Papa dello Sport”. Cestista, rugbista, ma soprattutto calciatore di strada, come il grande Alfredo Di Stefano, compagno di partitelle di strada nel barrio di Buenos Aires.
Le partite con Di Stefano nel barrio e il tifo per i Cuervos dell'idolo Pontoni
Non potendo diventare un grande calciatore il giovane Jorge Mario si era accontentato di essere fino alla fine un grande tifoso del San Lorenzo de Almagro. La sua squadra del cuore. E di quella passione per i “Cuervos” fui testimone diretto in Vaticano, il 13 agosto 2013, nella Sala Clementina dove papa Francesco aveva convocato in udienza privata le nazionali di calcio di Italia e Argentina alla vigilia della partita dell'Olimpico organizzata apposta in suo onore. Raggiante per il match tra le due selezioni dei due Paesi a lui più cari, il Santo Padre lanciò la sfida proclamando alle due squadre: «»Aver si alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni», tradotto: «Vediamo se qualcuno di voi riesce a fare un gol come quello di Pontoni». Renè Pontoni il bomber del San Lorenzo de Almagro degli anni ‘40, era l’idolo indimenticato del giovane Jorge Mario Bergoglio. E quel giorno caldo d’agosto quel nome caro rinfrescò anche la memoria di cuoio della Pulce mundial, Leo Messi. Un nome che aprì le orecchie anche al distratto Mario Balotelli. Il quale, al termine dell’udienza con una finta da SuperMario dribblò la sorveglianza delle guardie svizzere e raggiunse il Papa nelle sue stanze private per cinque minuti di confessione segretissima da cui Balotelli uscì con un volto rasserenato. Quel gol leggendario rievocato dal Papa, ha avuto da sempre un posto speciale nei ricordi del tifoso Bergoglio: Pontoni lo realizzò il 20 ottobre del 1946 contro il Racing. «Mi ricordo di un gol di Pontoni che fece tac, tac, tac, gol!», confidò Francesco al presidente del San Lorenzo, Matías Lemmens, mentre questi gli consegnava la tessera di socio onorario n. "88.235". Tessera che il Pontefice ha rinnovato puntualmente ad ogni inizio stagione versando gli annuali 120 pesos, e lo faceva di cuore, anche in ricordo di quella mitica rete.
Il grande insegnamento di padre Lorenzo Massa e il patto per giocare nell'oratorio
La squadra del '46, quella del “Terceto de oro” Farro-Pontoni-Martino, da ragazzo faceva sognare il futuro Papa che alla domenica, «con tutta la famiglia», seguiva il club fondato nel barrio del Boedo, il 1° aprile del 1908. A farlo nascere era stato un salesiano, padre Lorenzo Massa. La chiamarono San Lorenzo in onore di padre Massa, il quale attirò a sé i primi seguaci dei "Cuervos" dicendo loro: «Vi ospito nel cortile dell'oratorio di Sant'Antonio, qui dietro, ma ad un patto: in cambio voi verrete a Messa tutte le domeniche». Questo l’accordo con i ragazzi del Boedo da cui originarono gli azulgrana del San Lorenzo in cui nel 1945, proveniente dal Newell's di Rosario, approdò il 25enne Pontoni. Nato a Santa Fe da una famiglia povera, rimasto orfano di padre a sette anni già aiutava la mamma nel negozio portandole le uova che raccattava all'alba nei pollai, diventando presto l'Huevito del barrio. Quindicenne Renè, sfidò ogni ostacolo per ascoltare dal vivo il concerto del suo unico vero mito, Carlos Gardel. E sulle note di Murmullos ha cominciato a danzare anche su tutti i campi d'Argentina con un obiettivo in testa: far divertire e appassionare quei giovani come Bergoglio, il quale si era identificato in pieno nel cammino del suo idolo. Pontoni è stato un epigono del calcio di poesia che Bergoglio amava con la stessa devozione laica per i colori del San Lorenzo. Ma papa Francesco dello sport amava in primis la categoria da lui protetta degli amateur, quelli che giocano esclusivamente per passione. Quella passione pura che lui da ragazzo aveva messo nelle partitelle sudatissime e spensierate in oratorio assieme ai compagni di seminario. Con il padre e i nonni emigrati dal Piemonte (da Portacomaro) frequentava il vecchio Gasómetro, lo stadio simbolo del Boedo (sostituito il 16 dicembre del 1993 dal nuovo Gàsometro) "espropriato" nel 1979 dalla dittatura di Videla. Anni bui in cui il futuro Papa non ha mai smesso di seguire a distanza le vicende del San Lorenzo. Amava tutto di quel club a partire dai colori della maglia: il rosso e il blu, che sono anche quelli del manto della Vergine Maria Ausiliatrice, la più venerata dai salesiani e festeggiata ogni 24 maggio dai tifosi.