giovedì 8 maggio 2025
Si tiene in questi giorni la 23ª assemblea della Uisg, organismo internazionale che riunisce i vertici di 1.900 istituti di suore. Al centro del confronto le multiformi sfide della vita consacrata
Le superiori generali riunite a Roma

Le superiori generali riunite a Roma - Agenzia Romano Siciliani

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I cardinali hanno dato inizio al conclave, ma a poca distanza dalla Sistina se ne tiene un altro, tutto al femminile. La XXIII assemblea della Uisg, l’organismo internazionale che riunisce oltre 1.900 istituti di suore, non ha il carattere della segretezza, ma tratta temi delicati che riguardano un grande tesoro della Chiesa: la vita religiosa femminile. La plenaria, che si tiene ogni tre anni, è iniziata lunedì all’hotel Ergife di Roma, e terminerà domani, venerdì 9. Circa 970 superiori generali, leader di altrettanti istituti religiosi, provengono da 75 nazioni del mondo e sono riunite in tavoli circolari, suddivise per lingua e provenienza. Non è una conferenza in cui ci si limita ad ascoltare gli interventi dei relatori, ma un’autentica attività sinodale improntata al confronto reciproco. Le riflessioni, sia generali che a piccoli gruppi, partono dal tema scelto per questa assemblea: “La vita consacrata. Una speranza che trasforma”. Le religiose affrontano le giornate di lavoro lasciandosi conquistare dalla speranza, come piccole fiamme pronte a essere luce per l’umanità. È stato questo l’auspicio di suor Simona Brambilla, già prefetta del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Nella seconda giornata ha incoraggiato le suore a considerare la vita religiosa una luce «che brilla come la luna: non con luce propria, ma riflettendo quella di Cristo».

La sinodalità è stato invece il tema centrale di ieri (mercoledì 7). È stata illustrata l’esperienza di alcune religiose che si sono mostrate segno della Chiesa sinodale in Paesi in cui l’evangelizzazione vive una fase di crescita come Costa d’Avorio, Repubblica Dominicana e India. Non è mancata però una riflessione sulla missione ecclesiale femminile in zone particolarmente difficili: il Myanmar, la vasta Amazzonia e quella delicata area al confine tra Stati Uniti e Messico. Di problemi la vita religiosa ne affronta diversi, a volte opposti. Il calo delle vocazioni in Occidente, la sfida di una formazione integrale e completa nei Paesi in cui invece le vocazioni abbondano. Ma alla plenaria Uisg non ci si ferma a constatare quello che non va, si affronta ogni sfida con sguardo profetico, «convinte che la vita consacrata sia un dono di cui il mondo ha ancora un disperato bisogno, al nord come al sud del mondo» dice suor Christina Heltsley, delle Domenicane del Rosario di Sinsinawa (Stati Uniti). Chi nel 2025 vive da consacrata non è chiamata a salvare la società, «ma a camminare accanto a uomini e donne di oggi, indicando loro Cristo Gesù».

La metodologia della Conversazione nello Spirito è il principale strumento di discernimento dei lavori assembleari. Questo approccio promuove un ascolto profondo, una riflessione condivisa e una comunione globale tra le partecipanti. È una forma di dialogo in cui lo Spirito Santo è il vero protagonista. Implica un ascolto attivo, in cui si condivide l’esperienza personale e della propria congregazione mentre si cercano le indicazioni di Dio per una costruire la fede matura di donne che hanno scelto il servizio come carattere principale della loro vita. «Essere qui riunite in spirito di condivisione – dice suor Mara Lolato, delle Figlie di Sant’Eusebio – offre l’immagine concreta dell’universalità della Chiesa e della molteplicità dei carismi che la arricchiscono». Il dialogo permette di «condividere le preoccupazioni e le sfide di una leadership, ma soprattutto consente di ascoltare e imitare l’esperienza positiva di altre congregazioni». La fraternità, anzi la sororità «è la vera protagonista di queste giornate» aggiunge la coreana suor Emiliana Park, delle Suore della Carità di Gesù. Agli istituti non è chiesto di omologarsi, «ma di camminare in unità, senza rinunciare alle nostre identità di famiglie religiose, sorte in tempi e luoghi diversi nel corso dei secoli».

Le madri generali sono determinate a sviluppare una visione programmatica coraggiosa. Il mondo cambia, la vita religiosa anche, e questo richiede la fermezza di intraprendere processi di rinnovamento radicali, spesso più lunghi del mandato di una superiora generale e del suo consiglio. Osservando dall’alto le madri al lavoro nei rispettivi tavoli, si sentono voci, si vedono volti e colori diversi. Suore con l’abito tradizionale africano, altre con il sari asiatico, altre ancora con il classico velo e molte tra loro che non indossano nessun abito particolare, ma vestono come le donne comuni. L’immagine è però straordinariamente armoniosa, segno di una presenza insostituibile nella Chiesa, quella di un unico corpo ecclesiale che testimonia l’amore di Dio al mondo.

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