venerdì 9 maggio 2025
Nell’attesa impaziente anche di tanti che si dichiarano fieramente laici, la speranza che il nuovo Papa risponda alle domande del nostro tempo, che riguardano non la vita del singolo ma tutti
La gioia in piazza San Pietro

La gioia in piazza San Pietro - Matteo Nardone / Fotogramma.it

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Perché l’attesa impaziente per l’elezione del nuovo pontefice ha coinvolto e attraversato anche i non credenti? Perché tanti, che si dichiarano fieramente laici, non sono riusciti a distogliere lo sguardo da quel comignolo scuro che col colore del fumo ha detto che è stato finalmente eletto il successore di Pietro?

C’è stato un interesse ansioso, palpabile, riflesso dai social e dai media per l’elezione del pontefice. Che ha superato le propensioni politiche e le convinzioni personali.

Ricordo bene l’elezione di Francesco. Feci una corsa per arrivare in tempo a piazza San Pietro. E con me tanti altri. Si percepiva curiosità e ci fu sorpresa per quell’uomo, che pochi conoscevano, chiamato dalla fine del mondo a guidare la Chiesa.

C’era attesa anche dodici anni fa, ma quanto diversa da quella di questi giorni. Allora si aspettava un nome. I più informati volevano sapere a quale corrente della curia appartenesse. Se era conservatore o progressista. Se avrebbe proseguito sulla strada di Benedetto XVI o avrebbe rappresentato una svolta. Ed erano per lo più i fedeli, gli appartenenti alla Chiesa, coloro che in piazza accolsero con un applauso liberatorio la elezione di Jorge Bergoglio.

Oggi non si attendeva solo un nome, si attendeva una risposta. E una voce.

Anche i non credenti sperano che il nuovo papa Leone XIV possa rispondere alle domande del nostro tempo che riguardano non solo la vita dei singoli o l’individuale benessere ma l’intera umanità e la sua sopravvivenza. È la prima volta che sentiamo che la convivenza nel pianeta è in pericolo. In questi anni nella vita di tutti sono entrati problemi e interrogativi universali, radicali, che attendono risposta e che coinvolge l’esistenza del genere umano e il suo futuro. C’è una minaccia nuova che ci riguarda tutti, che può sommergerci e mettere fine alla storia.

Oggi il pericolo di distruzione del pianeta, le ingiustizie, la violenza hanno pervaso la vita quotidiana, ne fanno parte come il respiro, ci intossicano. Ciascuno di noi – credente o non credente – le sente, ne è toccato. Non solo si è oscurata l’immagine ottimista di un mondo che comunque crea un futuro migliore ma si è fatta strada la paura di un pianeta che non sia capace di sopravvivere. Tutti – credenti e non credenti – abbiamo cercato risposte. I potenti della terra non sono stati capaci di darcene. Dall’Est all’Ovest hanno saputo e sanno proporre solo inimicizia e guerra. Così la distruzione o l’autodistruzione del mondo è entrata nel nostro immaginario e ha occupato un’idea del futuro che un tempo, anche i pessimisti, consideravano migliorabile.

Questi anni hanno davvero distrutto molte speranze e aspettative e hanno messo in crisi la fiducia nella buona volontà. Lo aveva bene compreso Francesco quando ha detto «abbiamo bisogno della speranza» e aveva precisato: «Ne ha bisogno la società in cui viviamo, spesso immersa nel solo presente e incapace di guardare al futuro; ne ha bisogno la nostra epoca, che a volte si trascina stancamente nel grigiore dell’individualismo e del “tirare a campare”».

Oggi più che mai abbiamo bisogno di risposte e di speranza. Perché all’apatia che Francesco lamentava si è aggiunto lo sprezzo dell’umanità, la supremazia della guerra, l’adeguamento alla violenza. Anche lui, così resistente, a volte ci sembrava potesse essere sopraffatto. Da dove verrà questa risposta? Noi, non credenti, non lo sappiamo, la cerchiamo ma non la troviamo. E allora continuiamo a cercarla anche in luoghi che conosciamo poco, su strade che non sono quelle che solitamente percorriamo e che qualche volta ci paiono persino oscure o troppo lontane. Non possiamo arrenderci.

Forse non tutti ne hanno consapevolezza ma nel nome che è arrivato dalla cappella Sistina molti cercheranno qualcosa di più di un leader religioso, del nuovo capo della cristianità. Cercheranno un Noè . Qualcuno che ci salvi dal diluvio. Perché sanno – questa è la nuova terribile consapevolezza che pervade la nostra epoca – che tutto può essere distrutto, tutto può andare perduto. E allora cerchiamo – insieme – qualcuno che accenni a risposte diverse da quelle ascoltate finora. Una figura che si distingua da quella di tanti potenti. Che – come tanti millenni fa Noè – ci salvi da un diluvio che travolge e distrugge. Speriamo in qualcuno che costruisca un’arca di pensieri, di parole di nuova fiducia, nella quale rifugiarci e continuare a coltivare la nostra umanità. Noè la fece di legno e ci portò dentro sua moglie i suoi figli e tutti gli esseri viventi che popolavano la terra. Anche i più cattivi e fastidiosi.
L’arca di cui abbiamo bisogno oggi è un rifugio per il sentimento di umanità, un luogo che custodisca la fiducia, l’amore, le relazioni. Che ci salvi dalla distruzione che questa volta non viene dal cielo ma da noi stessi. Il diluvio ci sembra vicino, ogni giorno vediamo nuvole nere, sentiamo tuoni lontani ma minacciosi. E ci chiediamo: arriverà Noè con la sua arca?

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